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Max Mara rinuncia a Polo della Moda. Amministrazione poco lungimirante, umiliazione per Reggio Emilia

1 Luglio

Il ritiro di Max Mara dal progetto del Polo della Moda è un’umiliazione per Reggio Emilia e un campanello d’allarme per l’intera regione. Un’azienda simbolo del nostro territorio, conosciuta e rispettata in tutto il mondo, abbandona un investimento da oltre 100 milioni di euro, dichiarando apertamente che è una decisione dovuta al “clima di divisione e strumentalizzazione” alimentato dall’amministrazione comunale.

Il sindaco Massari e la sua maggioranza, di fatto, hanno legato il Piano di Attuazione di Interesse Pubblico (PAIP) alla polemica delle dipendenti di Manifatture di San Maurizio, facendo sì che la sua approvazione fosse condizionata a una costante verifica delle condizioni delle lavoratrici. Due piani completamente diversi, strumentalmente sovrapposti. Questo comportamento ha indotto il Presidente Luigi Maramotti a scegliere di non investire più su un progetto importantissimo per il futuro di tutto il territorio e per l’Italia intera. Parliamo di centinaia di milioni di euro!

Perché un imprenditore dovrebbe investire nella nostra regione se non c’è un clima di fiducia e di collaborazione da parte delle istituzioni? Perché “infangare” un marchio come Max Mara, un marchio di cui possiamo vantarci in tutto il mondo? Per quali ragioni? Stiamo parlando di 75 anni di storia, oltre 6.000 dipendenti in 105 paesi del mondo, dei quali 4.600 in Italia. Un esempio concreto del contributo che un’impresa può dare alla crescita e allo sviluppo. Eppure, l’amministrazione, con poca lungimiranza, ha preferito cavalcare battaglie sindacali e arrivare fino in Parlamento, senza nemmeno verificare i fatti.

I dati di Bankitalia hanno mostrato una regione in ritardo rispetto alla media nazionale per quanto riguarda PIL (+0,4% contro il +0,7% nazionale) e occupazione (+0,5% rispetto al +1,5%). E l’industria è calata del 3%. Non possiamo permettere che casi come questo si ripetano. Se vogliamo che l’Emilia-Romagna resti una terra attrattiva, aperta all’impresa e all’innovazione, dobbiamo liberarci da un modo tossico di fare politica, che colpisce chi crea lavoro e genera sviluppo.

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