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Investimenti industriali in calo. La Regione faccia uno sforzo per agire su burocrazia e capitale umano

17 Luglio

Questa mattina ho partecipato con grande interesse alla presentazione dell’Indagine sugli investimenti delle imprese industriali dell’Emilia-Romagna, promossa da Confindustria regionale. Un appuntamento prezioso che ha offerto spunti concreti per comprendere lo stato di salute e le sfide del nostro sistema produttivo.

I dati ci dicono che, nel 2024, le imprese emiliano-romagnole hanno investito in media il 5,3% del proprio fatturato, per un ammontare complessivo di 871 milioni di euro, puntando soprattutto su impianti e macchinari (68%), software e IT (61%) e formazione del personale (51%).

Tuttavia, le previsioni per il 2025 sono più caute: la quota di imprese che prevede di investire scende all’88,5% (contro il 92% dell’anno precedente), e il valore complessivo degli investimenti è stimato in calo dell’1,7%. L’Italia è la seconda manifattura in Europa e il quarto paese al mondo per export: non possiamo permetterci di sottovalutare segnali come questi.

Alcune cause del rallentamento sono esterne e difficilmente controllabili – pensiamo all’instabilità geopolitica e all’incertezza legata a dazi e politiche commerciali – ma su due fattori evidenziati dalle imprese possiamo intervenire con decisione a livello regionale: la semplificazione burocratica e la cura del capitale umano.

Basterebbe implementare il Patto per la semplificazione siglato all’interno del Patto per il Lavoro e per il Clima. Dal 2022 sono state adottate solo 3 delle 78 misure che erano state individuate per sburocratizzare.

Non è accettabile che la burocrazia sia percepita come il principale ostacolo agli investimenti, come sostiene il 37% delle imprese. Una regione come l’Emilia-Romagna non può permettersi di frenare il suo tessuto produttivo con procedure lente, frammentate e incerte. La nostra Regione ha il dovere di alleggerire questo carico, rendendo l’amministrazione un alleato, non un ostacolo.

Allo stesso modo, la difficoltà a reperire risorse umane qualificate – soprattutto nei profili tecnici, digitali e gestionali – è una minaccia concreta alla crescita, in particolare per le grandi imprese. Serve una politica regionale lungimirante che investa seriamente in formazione, orientamento, alleanze con il mondo scolastico e universitario. Serve anche il coraggio di attrarre competenze internazionali: se Harvard chiude ai talenti stranieri, perché non immaginare l’Emilia-Romagna come nuova meta per giovani da tutto il mondo?

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