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I “diplomifici” danneggiano le paritarie serie, che fanno i salti mortali per portare avanti la loro proposta educativa

24 Settembre

I recenti episodi di cronaca giudiziaria che hanno visto protagonisti un istituto privato di Bologna e delle scuole in Campania hanno macchiato questo inizio d’anno scolastico e, giustamente, hanno avuto una grande risonanza mediatica. Vendere un diploma è un danno incalcolabile non solo per chi pensa di poter “comprare” la cosa più personale che c’è, la conoscenza, ma anche per chi lavora in scuole non statali paritarie, frequentate in Italia da quasi 800.000 studenti.

Nel nostro Paese è “semplice fare di tutta l’erba un fascio” ed è per questo che è fondamentale distinguere in modo netto tra “diplomifici” (che svolgono un’attività illegale) e scuole paritarie che svolgono un servizio all’interno del sistema nazionale di istruzione.

La storia italiana conosce bene il valore della scuola non statale. Prima che esistesse la scuola di Stato, c’erano le scuole degli ordini religiosi, dei Comuni, delle comunità e lo Stato italiano attraverso la legge di parifica delle scuole elementari private del 1923 portò avanti l’opera di alfabetizzazione del Paese.

La nostra Costituzione riconosce il diritto alla libertà di scelta educativa dei genitori e, la legge di parità del ministro Luigi Berlinguer ha istituito dal 2000 il sistema nazionale di istruzione, composto da scuole statali e da scuole paritarie che possono essere gestite da enti locali o da istituzioni (scuole che devono rispettare requisiti precisi ed escludono nel modo più assoluto che si possa “vendere” un diploma).

Perché molti continuano a confondere i cosiddetti “diplomifici” con le scuole paritarie? Perché le scuole non statali sono costrette a chiedere una retta per pagare gli stipendi del personale e i costi di gestione. E il motivo è semplice: nel nostro Paese e nella nostra Regione non esiste nessuna forma di aiuto per le famiglie, che invece dovrebbero essere libere di mandare i loro figli dove preferiscono, nell’esercizio di un diritto sancito dall’art. 3 della Costituzione, senza discriminazioni di reddito, e invece non lo sono.

Ecco perché notizie come quelle dell’istituto scolastico paritario in provincia di Napoli e dell’Istituto Marconi di Bologna fanno male a scuole serie che chiedono il giusto impegno e fanno i salti mortali per poter andare avanti nella propria opera educativa.

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