È giusto ripensare al calendario scolastico, ai ritmi e ai modi con cui si fa scuola. È stato strutturato per un altro tempo. E occorre riformarlo insieme anche ai docenti, mettendo al centro i bambini e i ragazzi, i loro tempi di apprendimento, la proposta didattica.
La legge 112/1999 assegna alle Regioni competenza sul calendario scolastico nel rispetto del numero minimo di giorni previsto a livello nazionale. Le singole scuole, nella loro autonomia, possono modulare l’orario di lezione, il calendario interno (in molte fanno già la settimana corta) e inserire qualche breve pausa nel corso dell’anno.
Ed ecco alcuni spunti al dibattito che si è appena aperto.
La prima cosa evidente per chi fa scuola è che è necessario ragionare in modo diverso in base alle età.
Se la scuola dell’infanzia comincia il 1° settembre, perché non anticipare la data d’inizio anche per tutte le scuole del primo ciclo, dando la possibilità alle singole scuole, nella loro autonomia, di utilizzare quelle giornate aggiuntive per fare delle pause nel corso dell’anno scolastico o per introdurre la settimana corta come accade in tutte le scuole del mondo?
Sul tema della chiusura delle scuole del primo ciclo, invece, è necessario tener conto dei limiti che esistono a livello nazionale. Mentre la scuola primaria potrebbe continuare fino al 30 giugno come quella dell’infanzia, per le medie la necessità di finire l’esame di Stato entro il 30 giugno impone dei tempi diversi.
Circa le scuole superiori, invece, penso si debba fare un discorso completamente diverso. Il fatto che gli studenti dopo i 14 anni abbiano la libertà di scegliere dei percorsi che permettano loro di mettere a frutto passioni e talenti durante la pausa estiva è prezioso, ma non è detto che non si possa anticipare anche per loro di almeno una settimana l’inizio della scuola. Questo permetterebbe di dare alle scuole un bonus di giorni a disposizione per costruire pause mirate nell’arco dell’anno. Pause che, sia nel caso del primo che del secondo ciclo, potrebbero incentivare anche la possibilità di stare con le famiglie e di allungare la stagione turistica nella nostra riviera (tema scottante che tutti i politici cercano di evitare).
Il dibattito sul calendario scolastico in questi anni è stato sempre condizionato da un argomento che ha bloccato qualunque cambiamento: il clima troppo caldo della nostra regione. Se prendessimo veramente sul serio questa affermazione, dovremmo cambiare anche i tempi di apertura e chiusura delle scuole dell’infanzia e smettere di fare lezione in tante giornate torride di maggio o di settembre.
La verità è che dovremmo cambiare gli spazi di apprendimento ed attrezzarli per fare lezione nelle diverse stagioni, utilizzando anche le aree esterne. E che spesso si pensa alla scuola come a 5 ore dietro a un banco ad ascoltare.
Il primo problema della scuola non è la “temperatura”, ma la qualità della proposta, i tempi e i luoghi in cui si costruisce.