“Non è tutto oro quel che luccica”. Oggi in Commissione Sanità l’assessore Fabi ha mostrato dei dati che vedono il sistema di emergenza-urgenza dell’Emilia-Romagna al top in Italia per tempi di intervento. Ma un sistema di emergenza degno di questo nome, oltre alla tempestività, deve garantire coerenza tra la gravità presunta dell’evento e le capacità del mezzo di soccorso inviato. E quindi la qualità. Qualità e tempestività devono camminare insieme. In modo omogeneo su tutto il territorio regionale, per i cittadini delle diverse zone dell’Emilia e della Romagna, per chi abita in città come per chi abita in pianura, collina, montagna. Altrimenti non esistono equità, sicurezza, e nemmeno un servizio pubblico all’altezza.
Nelle audizioni di questa mattina, l’intervento di Ester Pasetti, segretario regionale ANAAO-ASSOMED, ha acceso un campanello d’allarme, mettendo in evidenza la necessità di vedere il sistema di emergenza-urgenza come parte di un tutto. Ha poi elencato una serie di lacune e di problemi con cui i Pronto Soccorso devono fare i conti, specialmente in estate, nei weekend e nelle festività. Ma, come sottolineato dalla dott.ssa Pasetti, “non è un’emergenza, perché è una triste consuetudine. Come il caldo e l’afa d’estate. Ogni anno si fanno articoli, interviste, servizi, ma nulla cambia. Ci preoccupiamo giustamente di rischi quali le cadute in ospedale, ma ai rischi dei pazienti ventilati per ore e giorni in PS in attesa di un letto che, come l’isola di Bennato, non c’è, chi ci pensa?”.
La sua denuncia non può rimanere inascoltata. “In estate i letti calano ed i reparti chiudono, principalmente perché mancano gli infermieri, ma sappiamo benissimo come i letti siano troppo pochi da decenni, anche quando siamo ‘a pieno regime’. Ma va bene così, a quanto pare, perché quello dell’aumento dei posti letto di degenza è argomento tabù”.
E diventa più chiaro perché gli infermieri mancano: “In questa sorta di girone dantesco della disperazione, in cui professionisti ed utenti di Pronto Soccorso condividono le stesse pene, ci stupiamo da anni di posti in scuola di specialità che vanno deserti, di una mobilità elevata o, peggio ancora, di ‘incomprensibili abbandoni’, perché i giovani non si sanno sacrificare. Ci stupiamo di come, in un sistema scolastico come il nostro in cui uno vale uno, le scelte di specialità cadano su professioni altre, che aprono le porte di lavori all’estero o nel privato, ben retribuiti, con responsabilità accettabili e limitato rischio di aggressioni fisiche”.