Chi guida una Regione non può dare messaggi ondivaghi. L’Emilia-Romagna è la regione italiana con il maggior numero di pazienti che provengono da altre regioni. La nostra sanità è quella che è perché ha una storia di accoglienza e di cura che ha permesso di far crescere le nostre strutture ospedaliere, le nostre università, i nostri IRCCS, sempre più attrattivi proprio per le opportunità di innovazione, ricerca e qualità dell’assistenza.
Qualità e innovazione nella nostra Regione hanno trovato un terreno fertile proprio per le collaborazioni di rilievo nazionale e internazionale che negli anni i professionisti hanno saputo tessere e che la Regione non ha mai osteggiato, benedicendo il volume economico che ne è derivato: l’attrattività si concretizza in oltre 800 milioni di euro di prestazioni di ricovero e ambulatoriali fornite a pazienti provenienti da altre regioni.
Non si possono dire con lo stesso entusiasmo due cose opposte, un giorno definendo “un vanto indiscutibile” del nostro sistema sanitario regionale il primato sull’attrattività, e oggi facendo passare per “intasatori” gli stessi cittadini di altre zone d’Italia.
Senza dimenticare che tutte le prestazioni dei fuori regione vengono ricompensate all’Emilia-Romagna dalle regioni di appartenenza dei pazienti, i numeri non giustificano le esternazioni di De Pascale, che anzi sembra voglia cercare un capro espiatorio. Nel 2024, infatti, sono stati 535.984 i pazienti dimessi dagli ospedali pubblici dell’Emilia-Romagna, e di questi solo 51.532 (il 10%) vengono da fuori regione. Diversa la situazione nel privato accreditato: nello stesso anno su 111.337 pazienti dimessi, quelli che non risiedono in Emilia-Romagna sono 72.770.
La Giunta guidata da De Pascale rischia di farci fare molti passi indietro. Qual è la visione, qual è la proposta? Ostacolare la capacità di attrazione di pazienti di altre regioni, che per le strutture ospedaliere pubbliche è il 10% dei ricoveri, concentrati di fatto negli IRCCS e nelle Aziende Ospedaliere. È possibile che questo 10% condizioni la situazione delle liste d’attesa nella nostra regione, penalizzando i nostri cittadini, come dice De Pascale?
Perché continuare a spostare sempre il problema senza mai voler vedere in faccia la realtà? Si crede davvero che la salvezza del nostro sistema sanitario possa venire dalla riduzione della mobilità attiva (e dalla conseguente riduzione del volume economico ad essa connesso)?
È vero il contrario. Come Lombardia e Veneto, occorre investire e “cavalcare” questo patrimonio.
Sono invece tanti i fronti interni su cui la Regione stenta a impegnarsi per spendere meglio le risorse di cui dispone (accordo con Medici di Medicina Generale, appropriatezza, collaborazione con il privato accreditato, ecc.) e così, un mese dopo l’altro, il disavanzo è sempre più preoccupante. Occorre una leadership più autorevole ed esperta che, anziché dare messaggi di disinvestimento, sappia farsi valere per mantenere e farsi adeguatamente finanziare anche le attività fatte per cittadini di altre regioni: un “vanto indiscutibile” che deve restare tale.