Segnalo l’interessante intervista di Cesare Salvi, presidente AIOP Emilia-Romagna, pubblicata oggi sul Corriere di Bologna. Tra i tanti temi toccati, quello delle prestazioni extraregionali merita un’attenzione speciale, perché aiuta a superare la retorica con cui spesso viene affrontato.
La Regione Emilia-Romagna ha annunciato di voler mettere un tetto su tutte le prestazioni mediche per chi viene da fuori regione, anche su quelle ad alta complessità e con un effetto retroattivo dal 2023. Ci sono Regioni, come ad esempio il Veneto, che hanno fissato un limite solo per la bassa complessità, ma da noi si sta parlando di un “tetto” su ogni tipo di prestazione medica.
Una decisione di questo tipo colpisce sia il pubblico che il privato accreditato e rischia di danneggiare l’intero sistema sanitario, sia sul piano economico che su quello della qualità delle cure.
Basti pensare che nel 2023 la mobilità attiva di alta e bassa complessità ha garantito 700 milioni di euro alle casse della Regione, tra pubblico (55%) e privato accreditato (45%). Ogni paziente extraregionale, infatti, porta con sé le risorse necessarie ed ogni prestazione aggiuntiva contribuisce di fatto ad abbattere i costi generali.
In Emilia-Romagna abbiamo ospedali di eccellenza, abbiamo cinque IRCCS: vogliamo che restino centri di riferimento a livello nazionale, capaci di attrarre pazienti da tutta Italia per continuare a fare ricerca e migliorare le cure avendo il numero adeguato di pazienti, o intendiamo obbligarli a svolgere prestazioni di routine che potrebbero essere eseguite altrove?
Perché appiattire tutto verso il basso, non valorizzare le eccellenze e non cercare di dare risposte di qualità ai cittadini?
Le inefficienze gestionali della Regione non possono essere scaricate sui cittadini. È tempo di rimettere le persone al centro, chiedendoci sempre che cosa può davvero migliorare la possibilità di cura per ciascun paziente.