Questa mattina sono intervenuta in Commissione per esprimere le mie riflessioni sul sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) in risposta all’informativa dell’assessora Conti.
L’inclusione dei minori non accompagnati di nazionalità ucraina arrivati in Italia e in Emilia-Romagna a seguito dell’invasione russa è stata più semplice e di successo perché esisteva già una rete di parenti e l’accoglienza è avvenuta all’interno di famiglie. Ma questo resta un caso isolato tra le diverse esperienze dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio.
Dobbiamo valorizzare la disponibilità delle famiglie affidatarie, spesso nemmeno interpellate come ha giustamente sottolineato Valentina Castaldini, e dei tutori volontari. Molti di questi, pur avendo superato il corso di formazione e risultando iscritti all’albo regionale accessibile dal Tribunale per i Minorenni, non hanno mai ricevuto l’assegnazione di un minore. A rivelarlo è un sondaggio condotto a febbraio dall’Associazione dei tutori volontari dell’Emilia-Romagna. Si tratta di un dato allarmante, specie in una Regione che, con 1.351 MSNA (al 30 aprile 2025), è la quarta in Italia per presenza di minori non accompagnati (8,79% del totale nazionale), dopo Sicilia, Lombardia e Campania.
Le comunità per minori non accompagnati, seppur preziose, non sono sempre in grado di seguire i ragazzi in modo personale e autorevole. Il turnover continuo degli educatori è un sintomo evidente del disagio strutturale che vivono queste realtà.
Un altro nodo cruciale è la collaborazione istituzionale. Serve un lavoro integrato e strutturato con il Tribunale per i Minorenni, per garantire che i tutori volontari formati possano essere effettivamente impiegati e che il sistema dell’affido non venga lasciato in secondo piano rispetto alle soluzioni comunitarie. Allo stesso tempo è doveroso potenziare l’aiuto alle scuole, spesso lasciate sole nell’affrontare bisogni educativi e relazionali complessi.
Infine, è necessario che questi ragazzi non vengano abbandonati a loro stessi dopo il compimento dei 18 anni, nel momento più critico per loro. C’è una proposta di genitorialità sociale che potrebbe essere attivata su richiesta degli stranieri non accompagnati maggiorenni. Non basta formarli al lavoro e aiutarli a trovare un’occupazione ma occorre costruire un contesto che li accompagni e li responsabilizzi.