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Malattie Rare. L’assessore Fabi apre alla terapia enzimatica domiciliare: a breve un tavolo di lavoro con le associazioni

28 Ottobre

Si è tenuta oggi, a margine della seduta dell’Assemblea Legislativa, la conferenza stampa che ho convocato, in seguito alla discussione in aula della mia interpellanza sulla somministrazione domiciliare delle terapie enzimatiche sostitutive (ERT) per le malattie metaboliche lisosomiali, alla quale ha dato risposta l’Assessore Regionale Massimo Fabi.

Le malattie lisosomiali sono un gruppo di malattie metaboliche rare che, per essere trattate richiedono la somministrazione tramite infusione di una terapia enzimatica sostitutiva (ERT), che può avere cadenza settimanale o bisettimanale. La somministrazione casalinga consentirebbe di gestire al meglio il work – life balance, riducendo le assenze scolastiche o i permessi da richiedere sul posto di lavoro, che senza il riconoscimento dei benefici ai sensi della Legge 104 rischiano di incidere pesantemente sulla quotidianità.

Fare questa interpellanza è stato necessario perché, nonostante quanto previsto dalle norme nazionali e da una delibera regionale del 2022, in Regione Emilia-Romagna il diritto delle persone con malattie lisosomiali a poter effettuare, se idonee, la terapia infusionale a casa propria, non è mai diventato un diritto realmente esigibile.

La richiesta di attivazione della home therapy anche nella Regione Emilia-Romagna nasce da una lettera congiunta di 4 diverse associazioni di pazienti affetti da malattie rare: Associazione Italiana Glicogenosi (AIGlico), Associazione Italiana Anderson-Fabry (AIAF), Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi (AIMPS) e Associazione Italiana Gaucher (AIG). La lettera era stata consegnata all’Assessore regionale alla Salute Fabi, il 21 luglio scorso.

Qui si spiega che a livello nazionale, l’AIFA ha autorizzato la somministrazione domiciliare delle ERT con la Determina 341/2020, confermata nel 2023. A livello regionale, la Delibera n. 1415 del 29 agosto 2022 ha recepito queste indicazioni, approvando un documento tecnico che include esplicitamente il setting domiciliare. Nonostante ciò, fino ad oggi, sostengono le associazioni, nei fatti il percorso è stato inaccessibile per la maggior parte dei pazienti.

Positivo il segnale dato oggi dall’Assessore nella sua risposta in aula e, subito dopo, con la convocazione di un tavolo di lavoro operativo, che includa le associazioni dei pazienti, per il prossimo 19 Novembre. L’obiettivo è quello di rendere pienamente operativa la delibera del 2022.

Sono molto soddisfatta di questa svolta operativa e mi auguro che veramente si possa dare ai pazienti la terapia a domicilio anche utilizzando servizi privati professionali, messi a disposizione gratuitamente, attraverso delle convenzioni con le ASL, dalle aziende farmaceutiche, così come fanno altre regioni e come avremmo potuto già fare da 3 anni.

LA RISPOSTA DI FABI ALL’INTERPELLANZA

“Come evidenziato dalla Consigliera Ugolini, diverse malattie lisosomiali necessitano di terapie enzimatiche sostitutive, somministrate per via endovenosa all’incirca due volte a mese. Di norma la somministrazione avviene nell’ospedale sede del Centro di riferimento per la specifica malattia rara.

Dal momento che le schede tecniche di alcuni di questi farmaci prevedono la possibilità di erogazione al di fuori dell’ambiente ospedaliero, la Delibera regionale 1415 del 2022 ha definito il percorso per la somministrazione in sicurezza di queste terapie in setting diversi dal Centro di riferimento. Una delibera che è stata redatta grazie alla collaborazione tra il gruppo di lavoro multidisciplinare di professionisti delle Aziende sanitarie e le Associazioni dei pazienti, con le quali la Regione intrattiene rapporti cordiali e costruttivi da anni.

La delibera estende la possibilità di somministrazione di questi farmaci ad altri setting, oltre a quello del centro di riferimento. Nello specifico all’Ospedale di riferimento territoriale, agli Ospedali di Comunità, alle Case di Comunità, ai Poliambulatori e anche al domicilio del paziente.

Il percorso prende avvio con la valutazione clinica da parte del medico del Centro di riferimento. A seguito di parere clinico favorevole, il Centro di riferimento attiva, attraverso la Centrale Operativa Territoriale, l’Unità di Valutazione Multidimensionale al fine di definire il setting appropriato per la somministrazione del farmaco.

Queste Unità sono costituite dal medico di medicina generale o pediatra di libera scelta del paziente, dallo specialista del Centro di riferimento, dal referente della farmacia ospedaliera e/o territoriale, dall’infermiere, dall’assistente sociale, dal paziente/famiglia/caregiver. L’Unità si può anche integrare con ulteriori soggetti, a seconda dei bisogni assistenziali e delle opportunità presenti nel territorio.

Una volta definito il setting assistenziale più appropriato, viene redatto il Piano Assistenziale Individuale, condiviso e sottoscritto con il paziente e, quando opportuno, con la sua famiglia. La delibera 1415 del 2022 esplicita che: “L’Azienda USL di riferimento, qualora la UVM ritenga necessaria la somministrazione del farmaco a domicilio, ma non siano disponibili i professionisti sanitari (medici e/o infermieri) necessari per la sorveglianza/monitoraggio durante la somministrazione, si fa carico di trovare adeguate soluzioni, anche coinvolgendo soggetti del terzo settore (ad esempio pubbliche assistenze, associazionismo) o altri soggetti esterni, nel rispetto delle procedure e della normativa vigente. Le soluzioni devono tenere in considerazione la possibilità di effettuare le terapie in orari sufficientemente ampi e flessibili da interferire il meno possibile con le esigenze lavorative e scolastiche del paziente e del caregiver”. La figura del caregiver, quindi, rientra in questo percorso qualora dia la sua disponibilità, tutelandolo completamente tramite un contatto costante con il Centro di riferimento tramite appositi percorsi concordati.

Siamo d’accordo sul fatto che sia necessaria una sua revisione per facilitarne l’applicazione, rendendola inoltre omogenea sull’intero territorio. Questo sia per snellire l’iter di valutazione delle Unità di Valutazione Multidimensionale, sia perché nel frattempo sono aumentati i farmaci per i quali è possibile la somministrazione domiciliare. Questo lo faremo anche dando la possibilità di supporto da parte delle aziende farmaceutiche, qualora necessario per consentire l’attivazione della terapia domiciliare dei pazienti.

Abbiamo quindi riattivato il gruppo di lavoro e coinvolgeremo nuovamente i professionisti delle Aziende sanitarie e le Associazioni di pazienti, al fine di rivedere il percorso assistenziale alla luce delle difficoltà osservate in questo periodo e delle innovazioni in campo farmacologico. Abbiamo ipotizzato un primo incontro per il 19 novembre, alla quale inviteremo le associazioni coinvolte”.

LA POSIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI

Durante la conferenza stampa, le associazioni hanno espresso con forza le proprie posizioni. “La nostra comunità vive una contraddizione insostenibile: la terapia è autorizzata, ma non esiste la possibilità di poterne usufruire” ha dichiarato Elisabetta Conti, presidente di AIGlico. “Ogni settimana, le famiglie affrontano trasferte e assenze che potrebbero essere evitate”.

“Siamo in contatto con persone che rinunciano a curarsi, altre che rinunciano al lavoro per ricevere infusioni in orari ospedalieri incompatibili con la vita quotidiana, fino ad arrivare a casi di famiglie costrette a trasferirsi in un’altra Regione pur di accedere alla terapia”, ha aggiunto Stefania Tobaldini, presidente di AIAF. “La prossimità assistenziale non è un favore: è un diritto che la Regione deve garantire”. “Il nostro problema non è la terapia, ma il sistema che la circonda”, ha sottolineato Fernanda Torquati, presidente di AIG. “L’ADI non è strutturata per gestire infusioni complesse, e i percorsi alternativi non vengono attivati”. “Non chiediamo trattamenti speciali, ma l’attuazione di un diritto già riconosciuto”, ha concluso Flavio Bertoglio, presidente di AIMPS. “Non è accettabile che l’accesso alla terapia dipenda dalla Regione in cui si vive” e ribadisce la necessità che sia un infermiere professionale a occuparsi della terapia e non un caregiver.

“Oggi l’alleanza tra le associazioni e la consigliera Ugolini ha ottenuto una grande apertura – ha dichiarato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare – Ci auguriamo che il tavolo convocato lavori in maniera molto concreta, cercando soluzioni reali e applicabili a problemi altrettanto concreti dei pazienti. OMaR continuerà a sostenere le associazioni affinché la prossimità assistenziale non resti un principio astratto, ma diventi pratica concreta per ogni paziente raro”.

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