Giovedì la Sesta Commissione ha approvato all’unanimità il Piano triennale 2026-2028 degli interventi a favore degli emiliano-romagnoli nel mondo. Da vicepresidente della Consulta, considero questo passaggio importante e utile a rafforzare un patrimonio di relazioni molto prezioso per la nostra Regione.
C’è un dato che mi ha colpito. Le associazioni di emiliano-romagnoli nel mondo erano 42 nel 2015, oggi sono 80, più della metà in Sudamerica. E sono cresciuti anche i nostri corregionali che vivono all’estero: da 129 mila a 265 mila in meno di quindici anni (dati AIRE). È una potenzialità enorme che, come consiglieri, possiamo mettere a frutto coinvolgendo l’Assemblea legislativa e gli enti locali.
Non parliamo solo di conterranei: parliamo di persone che, nei Paesi in cui vivono, hanno costruito imprese e promosso ricerca, educazione e cultura. Entrare in relazione con queste famiglie e comunità significa valorizzare cultura, creatività e capacità imprenditoriale – dalla Food Valley alla Motor Valley, fino alla Data Valley – e aprire collaborazioni concrete di cui oggi c’è bisogno.
È fondamentale mantenere un contatto stabile con chi è partito, anche per favorire rientri di talenti in Emilia-Romagna, a partire dai giovani laureati e specializzati. Allo stesso tempo, credo si possa fare di più per trasformare questa rete in un’opportunità per i nostri studenti, universitari e delle scuole superiori, che desiderano aprirsi al mondo. Oggi un periodo all’estero è spesso condizionato dalle possibilità economiche: legami tra famiglie, basati sulla reciprocità, anche tra i figli della prima e della seconda emigrazione, possono moltiplicare le occasioni di scambio e formazione, rendendo queste esperienze più accessibili e inclusive.
Occorre migliorare e ampliare l’impatto delle azioni rivolte agli emiliano-romagnoli nel mondo, sfruttando tutto ciò che è stato costruito in questi anni per connettere le persone e raccontare le nostre eccellenze a tutte le latitudini.
Sarebbe un peccato sprecare questo grande potenziale, la finestra sul mondo che le nostre comunità all’estero ci offrono.
E dopo i primi 50 anni della Consulta, che abbiamo festeggiato recentemente, penso che si possa aprire una fase nuova: le occasioni sono molte e la nostra rete può espandersi.