Questa mattina presso la Sala Stampa dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna si è svolta la conferenza stampa dal titolo “Post alluvione: interventi senza una visione?” organizzata dai gruppi assembleari di opposizione Rete Civica, Fratelli d’Italia e Forza Italia per presentare i risultati di uno studio realizzato sui bacini dell’Idice e del Lamone. Con me sono intervenuti i consiglieri regionali Marta Evangelisti e Annalisa Arletti (Fratelli d’Italia), Pietro Vignali (Forza Italia), insieme al geologo Riccardo Galassi.
Come promesso, ad un mese e mezzo di distanza dal precedente appuntamento con i giornalisti dello scorso 13 maggio, abbiamo redatto una relazione idraulica e idrogeologica, con il prezioso aiuto di Riccardo Galassi e dei comitati dei cittadini. Si tratta di un documento di 150 pagine, ricco di dettagli su due realtà particolarmente vulnerabili, i bacini dell’Idice e del Lamone, che vuole essere un esempio di come occorrerebbe affrontare il tema della messa in sicurezza di un territorio.
La relazione non si vuole sostituire agli studi che dovranno essere fatti, si spera, in tempi brevi, per definire il programma straordinario degli interventi per la riduzione del rischio idraulico e idrogeologico che il Governatore De Pascale dovrà consegnare al Ministro dell’Ambiente (per il decreto-legge 61, modificato dal decreto legislativo 65, art.60 novies), ma vuole essere un contributo per indicare una nuova linea di metodo che permetta di superare la frammentazione delle competenze amministrative.
Le criticità attuali in Emilia-Romagna erano già state individuate negli studi degli anni ’90, poi riportate nei rapporti degli anni 2000 e successivi, e sono state solo amplificate dagli eventi del 2023 e del 2024. Questo non toglie il fatto che è indispensabile rivedere passo su passo le nuove fragilità per individuare i punti in cui è urgente intervenire, da valle a monte, in una logica di bacino idrografico. Una logica che restituisce la priorità alla natura, che deve essere messa in sicurezza per mitigare il più possibile gli effetti nefasti di piogge che fino a qualche tempo fa sarebbero state molto meno impattanti.
Senza questa visione di insieme ogni intervento rischia di essere parziale e insufficiente e di lasciare i cittadini in una condizione di emergenza continua. Faenza è un esempio emblematico: gli interventi annunciati dal sottosegretario alla Presidenza, Manuela Rontini, ricalcano i piani di intervento del 2010, modellando il corso del Lamone per un tratto molto limitato, senza considerare le variazioni morfologiche che nel frattempo hanno cambiato le caratteristiche del torrente a monte e a valle. È auspicabile che proprio per questo il progetto sia stato presentato dalla Giunta come una “bozza”.
È necessario un soggetto tecnico, non politico, capace di offrire alla politica gli strumenti per costruire una nuova visione complessiva, dentro cui poter realizzare progetti coerenti con la messa in sicurezza a lungo termine del territorio, attraverso una direzione efficace dei lavori, il loro monitoraggio e un’opera di manutenzione costante delle diverse zone.
Serve coraggio per oltrepassare la selva di regolamenti europei, regionali, delibere e tutto ciò che non consente di agire stabilmente per la salvaguardia, quella vera, del territorio. In questo momento la Regione dispone dello strumento per operare in emergenza, dopodiché occorrerà modificare le norme.
I cittadini hanno il diritto di sapere qual è la visione complessiva alla base degli oltre 500 interventi programmati dalla Regione, hanno il diritto di sapere qual è la regia, e se esiste una regia, hanno il diritto di sapere a chi rivolgersi perché continua a persistere una frammentazione di competenze che rallenta, ostacola e porta a non utilizzare al meglio le risorse disponibili.